“Risorgerai ancora dalle tue ceneri, splendida Fenice? Le tue acque sono limpide, il cielo è terso ed il sole splende ancora; ma le strade aggrovigliate; i viali spogli, solcati dai binari del tram; le insegne spente di antichi ritrovi, offuscano il tuo volto. Tu, tenera madre, ti spegni lentamente, tra l’indifferenza dei tuoi figli e lo stupore dei turisti che, incantati, ammirano ancora la tua bellezza. Una mano, laggiù, ti benedice: è quella della Madre Celeste che ancora una volta, dopo due millenni, rinnova la sua promessa Vos et ipsam civitatem benedicimus” (Messina Muore- C. Siclari).
Quando arrivo in Via Bonino , i versi di questa struggente poesia mi ritornano in mente , fotografia perfetta di una città dalle grandi potenzialità ma purtroppo piena zeppa di contraddizioni e di una classe politica imbelle che la sta lentamente ma inesorabilmente uccidendo. La città mi accoglie con una di quelle classiche giornate ventose che solo Messina sa regalarti. Prima di parcheggiare faccio il pieno di benzina e coraggio al distributore di fronte allo stabilimento meta del mio viaggio. Parcheggiata la cousinmobile , osservo dall’altra parte della strada ciò che mi ha spinto fin qui. Il presidio dei lavoratori è un accrocchio di teli verdi avvinghiati tra loro a fasciare un’improbabile capanna che nelle migliori intenzioni dovrebbe dar loro riparo , e contemporaneamente sfidare l’impeto di Eolo e l’indifferenza delle istituzioni. Il tempo che il vento ed i miei polmoni riducano in cenere un Montecristo e sono pronto all’incontro.
Attraverso quel lembo di asfalto che ci separa pronto a conoscere e a farvi conoscere la storia di un gruppo di uomini che con grande coraggio e tenacia non difendono solo il diritto al lavoro , ma anche la propria dignità di uomini. Quando varco l’immaginaria porta del loro rifugio vedo e “sento” la curiosa sorpresa di una visita inaspettata , ma non per questo meno gradita. Stringo mani e porto la mia solidarietà di uomo ancor prima che di inguaribile ficcanaso , cominciamo a parlare e scopro un’umanità forgiata dalle sofferenze. A dar voce a questi 41 lavoratori dell’ex birrificio Triscele e Mimmo Sorrenti , <<33 anni vissuti in fabbrica >> ci tiene a precisare come a rivendicare non solo un lavoro ma anche un senso di appartenenza. Sono qui con loro da appena 5 minuti ma il vento incessante si e già preso le mie ossa e la prima cosa che mi viene spontaneo chiedere e da quanto tempo dura il presidio ai cancelli della Triscele. “ Dal 22 ottobre abbiamo deciso il presidio ininterrotto dello stabilimento , (138 ad oggi 13 marzo ndr) ma il nostro dramma ha radici ben più profonde”.
Ecco , cominciamo dall’inizio…
“La nostra tragedia comincia da un’illusione. Quella del ritorno della famiglia Faranda alla guida dell’azienda . Il 17 Gennaio del 2007 l’Heineken S.p.a Italia tramite il suo amministratore delegato Peter Hebron con un comunicato alle maestranze e alle federazioni sindacali annuncia che lo stabilimento di Messina cesserà le proprie attività produttive e trasferirà le unità lavorative presso altre sedi sparse nel territorio nazionale entro la fine del settembre 2007. Una comunicazione che ha dato il via a svariate forme di protesta da parte nostra decisi a difendere il nostro posto di lavoro , proteste che sembravano aver scosso l’ambiente imprenditoriale messinese con la candidatura all’acquisto della fabbrica da parte della famiglia Faranda…”
Una specie di ritorno al passato…
“Si , in fondo per noi era un ritorno alle origini . La Birra Messina fu fondata dalla famiglia Lo Presti – Faranda nel 1923; inizialmente portava il nome di Birra Trinacria e solo successivamente il nome fu modificato in Messina “birra di Sicilia”. La guidarono ininterrottamente per 65 anni , poi nel 1988 fu acquistata dalla Dreher spa di Milano (poi divenuta Heineken Italia )”.
A furor di…maestranze partono quindi le trattative tra Heineken e Triscele….
“Le trattative si protrassero per circa un’ anno , alla fine la trattativa con l’Heineken si chiuse felicemente nel Dicembre del 2007 con il passaggio del “ramo di azienda” da Heineken Italia spa a Triscele srl . L’operazione si chiude per un totale di 4.260.000,00 €, le maestranze non tengono certo un “profilo passivo” nell’operazione. Noi dipendenti , accettiamo di trasferire tutto il nostro TFR che ammonta a € 1.331.685,70. dalle casse di Heineken a quelle della subentrante società. Il piano industriale presentatoci dalla famiglia Faranda doveva dare uno slancio a quello che doveva essere il futuro della Birreria….”
Bè , se oggi siete qui a presidiare la fabbrica , presumo che non sia andato tutto secondo le attese…
“L’iter dell’accordo con Heineken prevedeva che la Triscele avrebbe dovuto imbottigliare per conto della multinazionale ancora per sei mesi dalla data di subentro, oltre i propri prodotti. Ma ancora prima della scadenza (6 mesi) cominciano i primi “problemi” e solo dopo questo periodo iniziarono le complicazioni sotto il profilo economico con gli stipendi che dal 27 di ogni mese venivano posticipato al 10 del mese successivo ….”
Cosa aveva causato questi problemi?
“Secondo quanto riferitoci dall’amministratore , il Dott. Faranda , le vetrerie crearono resistenze a vendere le bottiglie alla Triscele e chi doveva vendergli la birra da imbottigliare è venuto meno a quelle che erano le lettere di intenti; insomma, la Triscele è stata costretta ad acquistare bottiglie a prezzi più esosi e a farsi produrre la birra secondo precisa ricetta da una birreria Slovena a prezzi incredibilmente alti come alti erano i costi di trasporto dalla sede di produzione, fino a Messina. Di certo rimangono gli sfarzosi costi per la ristrutturazione interna degli uffici , o la fantomatica installazione di un grosso impianto fusti usato, smontato in Slovenia da una cospicua squadra di personale interno alla Triscele, portato in Sicilia per essere nuovamente rimontato, divenuto invece progetto iniziato ma mai finito come tanti altri; Es: spaccio (vendita al pubblico di birra e gadget), impianto di miscelazione soft drink costruito ma mai avviato, acquisto di quattro serbatoi di grosse dimensioni (oggi rottamati), sala filtrazione ristrutturata, arredata con tutti gli impianti di filtraggio e mai utilizzata ecc… e ancora la gestione delle materie prime che mancavano per settimane, insomma discorso infinito di sprechi e cattiva gestione”.
Quali sono stati gli interventi per rimediare alla situazione creatasi?
“Nel 2008 ci viene detto che se vogliamo portare avanti l’azienda e mantenere i posti di lavoro, sarebbe stato indispensabile fare qualche sacrificio allora per ridurre i costi fissi abbiamo accettato la mobilità. Nel 2009 altra mobilità di 9 persone e piccola cassa integrazione a giro per un’altra decina di persone. Sempre da parte dei dipendenti dal gennaio 2010 venne intrapreso il contratto di solidarietà (RIDUZIONE STIPENDIALE) con la durata prevista di diciotto mesi; il ricavato dei risparmi del suddetto lasso di tempo sarebbe dovuto servire a creare nuovi investimenti. Successivamente dal giugno 2011 venne avviata la CGI(cassa integrazione) straordinaria (dodici mesi) che fu in seguito accettata dagli enti competenti solo nel novembre seguente. L’ultimo mensile arretrato riferito al mese del maggio 2011 venne elargito dalla Triscele precisamente la seconda settimana del novembre dello stesso anno (lasciando tutti i dipendenti senza stipendio per cinque mesi), senza contare che i lavoratori avrebbero ancora dovuto percepire qualche migliaio di euro di indennità, ferie, buoni pasto ecc.. “
Non si può certo dire che da parte dei lavoratori non ci sia stato il massimo impegno e disponibilità per salvare l’azienda…. “Ma questo non sembra essere bastato, allo scadere del periodo di cassa integrazione la Triscele comincia ad inviare lettere di licenziamento usando come pretesto la delibera sul cambio di destinazione d’uso e addossando tutte le colpe agli esponenti della politica cittadina. Solo con l’intervento del prefetto otteniamo dall’azienda il ritiro di quei licenziamenti , mentre gli enti competenti concedono un’ ulteriore periodo di CIG in deroga dal primo Giugno 2012 al 31 dicembre dello stesso anno. Sette mesi di tempo per mettere l’azienda nelle condizioni migliori per predisporre un piano industriale e procedere alla delocalizzazione. Nel Novembre 2012 sembra aprirsi uno spiraglio con la chiusura di tutte le procedure regionali che autorizzano il cambio d’uso dell’area di Via Bonino. Ma quando tutto sembra volgere al meglio, la famiglia Faranda scopre le carte ed annuncia che la delocalizzazione sarebbe avvenuta solo dopo la monetizzazione del terreno, senza la quale è impossibile predisporre un piano industriale , si arriva quindi alla fatidica data del 31 dicembre 2012 e tutti i dipendenti vengono posti in mobilità e licenziati.”
Le parole di Mimmo , sono taglienti , ma inequivocabili. C’è l’amara consapevolezza di averci creduto , anche più della proprietà e delle istituzioni. Allora capisco che diventa improcrastinabile una domanda….
Alla luce di quanto accaduto, credi davvero che ci sia stata la volontà di salvare quest’ azienda?
“Noi ci abbiamo creduto , ci abbiamo messo il nostro lavoro , ci abbiamo scommesso il nostro futuro ( il loro TFR n.d.r. ) ma oggi alla luce dei fatti sin qui accaduti , abbiamo preso coscienza di essere stati sacrificati sull’altare di una grossa speculazione edilizia…”
Mi spieghi meglio….
“ Sull’area dell’ex-birrificio incombe il progetto << PARCO TRINACRIA >> che prevede la trasformazione in area residenziale con la nascita di dieci palazzine con circa 350 appartamenti “accompagnati “ da una zona di verde che dovrebbe ricoprire circa il 40% dell’area interessata. . La costruzione è affidato alla Gmc srl che fa riferimento agli imprenditori Cancelliere, Fleres e agli stessi Faranda….
Una situazione abbastanza complessa , dove gli interessi economici potrebbero ostacolare il rilancio dell’azienda ed il vostro reinserimento nel mondo del lavoro… “Noi crediamo fermamente che il rilancio di un’azienda come la Triscele possa avere una ricaduta economica maggiore a quella dell’ennesima speculazione edilizia . Questa convinzione è confortata dai numeri. In Sicilia si consumano ogni anno 1milione e 200 mila ettolitri di birra , una fetta consistente di tale mercato e coperta dall’Heineken (800 mila ettolitri circa). La nostra azienda ne produceva 500mila circa (con una capacità massima di 700mila ettolitri) ed il grosso era destinato al mercato siciliano. La nostra eccellenza e professionalità era riconosciuta non solo dal mercato ma anche dai numerosi premi ed attestati ricevuti in giro per il mondo”.
Numeri che parlano di una sfida che potrebbe essere vincente , quali soluzioni vi auspicate ?
“Non abbiamo preconcetti di sorta , il nostro obbiettivo è tornare a lavorare , facendo ciò che ci riesce meglio cioè produrre birra. Abbiamo anche dato la nostra disponibilità anche a creare una cooperativa ma le istituzioni devono garantirci un’area destinata alla produzione.”
Arriviamo al punto dolente , le istituzioni e la politica come si sono rapportati al vostro caso , che oramai assume i contorni sempre più netti di un’emergenza sociale….
“La politica locale ha fino ad oggi fatto solo promesse , poi puntualmente disattese. Vengono a fare passerella nella speranza di racimolare qualche voto in campagna elettorale poi il nulla… A livello regionale abbiamo avuto un incontro con il presidente Crocetta a Catania . Lo stesso ci ha promesso di vincolare come terreno storico-industriale l’area del birrificio per tutelarlo dalle speculazioni in atto. Il secondo incontro è avvenuto presso il tetro Vittorio Emanuele , confermandoci che l’iter per neutralizzare la speculazione edilizia era partito; ma da allora aspettiamo la risposta dell’Assessore Regionale alle attività produttive Linda Vanchieri. Per onor di cronaca devo dire che lo stesso assessore Vanchieri in un altro incontro si era dimostrata interessata e disponibili a valorizzare un marchio siciliano e dalla grande storia come la “Birra Messina” ed anche a trovare una zona franca (individuata tra Barcellona Pozzo di Gotto , Rocca Lumera, Villafranca e Larderia…) dove eventualmente spostare la produzione….ma su questa seconda ipotesi ancora niente di concreto appare all’orizzonte”.
Mentre continua la nostra chiacchierata, i compagni di Mimmo prendono coraggio ed ognuno di loro racconta le proprie esperienze di una storia che era partita come una grande speranza e che strada facendo si è trasformata nel calvario che attualmente stanno vivendo sulla loro pelle. Adesso la storia prende un’altra piega , perché al di là del dramma di chi dopo una vita di sacrifici ha visto il proprio “ammortizzatore sociale”(TFR) risucchiato da una malagestione , se ne innescato uno ancora più subdolo e pericoloso che rischia di fare danni ancor più gravi. E il dramma di rapporti familiari incrinati da una situazione che si fa man mano sempre più insostenibile. A darmene conferma è lo stesso Mimmo.
“Parlare di lavoro non vuol dire interessarsi soltanto di un problema economico , ma pensare al futuro dei nostri figli” . Ma più passa il tempo , e più ci sentiamo soli , alcuni di noi per la pace familiare hanno abbandonato la lotta e cercato di sbarcare il lunario in altri modi ed altri lidi. Perché con il tempo la sfiducia per una situazione stagnante rischia d’impadronirsi delle persone e degli affetti più cari , ed è questo il momento più duro; quello in cui capisci di essere veramente solo.” La sua voce si fa ancora più amara , e per quanto si sforzi non riesce a camuffare il dolore di ciò che questo comporta. “ Il lavoro non è solo un sostentamento economico , un modo per aiutare i tuoi cari. Il lavoro è dignità , il lavoro ti fa sentire un’uomo vivo” .
Le parole di Mimmo vengono accompagnate da pudici segni di assenso dei suoi compagni stretti in circolo a ripararsi dal freddo e a darsi reciproco coraggio. Io rifletto sulle sue parole e mi sorprendo a constatare come spesso ci dimentichiamo , presi dal ritmo frenetico della vita moderna ; della grande verità che quest’uomo mi ha sbattuto in faccia. Eh, si! Ci scordiamo troppo spesso che prima di tutto il lavoro è dignità e non un mero status ; quando si ragiona in questi termini ecco spiegato perché diventa carità. La nostra chiacchierata volge al termine , io sono pronto a tornare alle mie quotidiane certezze ed un po’ me ne vergogno, mentre questi uomini restano in trincea a difendere un’utopia. Stringo la mano ad ognuno di loro con il rispetto che si deve a gente che nonostante le sberle prese dalla vita di mettersi in ginocchio non ne hanno la minima intenzione. Il mio piccolo contributo , per insignificante che possa essere, e quello di far conoscere la loro storia . Il dovere morale di tutti noi e quello di non farli sentire soli , un gesto concreto per chi è arrivato in fondo a quest’articolo e quanto meno quello di firmare la petizione dei lavoratori Triscele ( sul sito birrificiomessina.it)….nella speranza che Messina non sprechi l’ennesima chances di ridiventare una Città normale….