Da giorni i parenti di Ayman Serti, più spesso il padre Ahmed o il fratello Ayyoub, si recano lì, dove il ragazzo è stato trovato la sera di giovedì 16 febbraio semicarbonizzato, mentre le fiamme erano ancora vive sul suo corpo. Erano da poco passate le 21,30 quando i Carabinieri si sono accorti della scena. Era vicino a una latta di vernice.
Un bacio a quella foto in mezzo a pensieri impressi sulla carta o sui palloncini lasciati dagli amici, a peluche e fiori. E via, di nuovo, a riprendere il cammino della vita in cerca di verità. Perché la famiglia di Ayman Serti, o semplicemente Serti come amava presentarsi il ragazzo, non crede all’ipotesi del suicidio. “Lui aveva paura del buio e dei fantasmi”, ripete il fratello. Eppure è morto in una zona buia. Isolata e buia.
LA SALMA TUMULATA NEL CIMITERO DI MERÌ
Da ieri Ayman riposa nel cimitero di Merì, almeno temporaneamente. Il sindaco Filippo Bonansinga ha infatti firmato l’ordinanza che concede per sei mesi, salvo ulteriori proroghe che si rendessero necessarie, un loculo cosiddetto a colombaia nell’edificio funerario del corpo A. Sarà così finché l’Autorità Giudiziaria, che ha firmato il nulla osta per la sepoltura ordinando che la salma rimanesse comunque a disposizione, lo riterrà opportuno ai fini dell’inchiesta aperta presso gli uffici della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto. Quando ci sarà il via libera, infatti, la famiglia Serti ha intenzione di portare Ayman nel suo paesino, in Marocco, per farlo riposare lì per sempre.
QUEI PALLONCINI CHE HANNO BRILLATO SOTTO IL SOLE
Mentre la salma di Ayman veniva tumulata nel cimitero di Merì sotto un sole bellissimo, quasi primaverile, e triste al tempo stesso in questo fine febbraio, lo stesso sole brillava sui palloncini che venivano liberati verso il cielo dal parcheggio di Piazza Italia ’90, dove si è consumata la tragedia in quel maledetto giovedì sera. Dove gli occhi dei parenti e degli amici di Ayman si perdono nel vuoto, in un mare di perché. Su quei palloncini gli amici di Ayman hanno scritto tanti pensieri rivolti al ragazzo. Su tutti uno, dominante: “Che sia fatta giustizia!”.
INDAGINI A TUTTO CAMPO
Intanto le indagini proseguono. Si concentrano sul telefono cellulare del sedicenne, un iPhone rinvenuto intatto, sul giubbotto, anch’esso risparmiato dal fuoco. I Carabinieri della Compagnia di Barcellona Pozzo di Gotto, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica, stanno cercando di comprendere cosa sia successo in quell’ora in cui del ragazzo si sono perse le tracce, l’ora in cui avrebbe dovuto portare a casa quelle pizze che, alla fine, non ha portato lui, alla fine. E poi il lavoro sulle immagini di videosorveglianza disponibili per cercare di capire. Al momento, nessuna pista può essere esclusa.
LA NECESSITÀ DI ASCOLTARE LE GIOVANI GENERAZIONI. E IL PARROCO CHIEDE SCUSA AI RAGAZZI
Mentre un’ora mezza di dibattito in Consiglio Comunale aperto a Merì ha lanciato l’appello ai giovani di raccontarsi, gli adulti si interrogano su come ascoltare le istanze e le ansie delle giovani generazioni del territorio, il cui animo è stato travolto da una tragedia troppo grande che attende di vedere delineati i suoi contorni. E risuonano ancora forti le parole di Padre Giuseppe Rinaldi. Il parroco ha chiesto scusa ai ragazzi. Scusate, ragazzi, se non abbiamo saputo ascoltarvi.